Lavoro notturno e attività usuranti

In via di definizione al Ministero del Lavoro il rapporto tra lavoro notturno e la qualifica di attività usurante.

A seguito della delega prevista dal Collegato lavoro (legge 183/2010), che scade il 24 febbraio di quest’anno,  dovrà essere ridefinito il concetto di attività usurante relativamente ai lavoratori che prestano la propria attività nelle ore notturne.  In particolare dovrebbe essere definito come usurante il lavoro che sia stato prestato per almeno 6 ore, per 78 giorni all’anno e che comprenda l’arco temporale compreso tra la mezzanotte e le ore 5 del mattino. Analogamente dovrebbe rientrare nella definizione di usurante il lavoro prestato in via continuativa per almeno tre ore al giorno nello stesso arco temporale prima specificato.

 La delega, ai fini di specificare il rapporto intercorrente tra orario di lavoro e concetto di attività usurante,  fa riferimento al decreto legislativo 66/2003, che qualifica come notturno: «1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale; 2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro». Se manca la disciplina collettiva è notturno «qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno».

Il rientro nella definizione di attività usurante dovrebbe consentire ai lavoratori interessati (gli autonomi ne dovrebbero comunque rimanere esclusi) di usufruire di un anticipo per la pensione di tre anni. Inoltre, per i lavoratori la cui attività rientra tra quelle definite usuranti, sono previste specifiche norme relative alla sorveglianza sanitaria nell’ambito della sicurezza sui luoghi di lavoro.

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