Lettera al Presidente del Consiglio Enrico Letta

Il presidente dell’Unione Regionale Panificatori Edvino Jerian, in occasione degli incontri tra rappresentanti dei governi di Italia, Slovenia e Austria  che si sono tenuti negli scorsi giorni sul lago di Bled, ha inviato al Presidente de Consiglio  Enrico Letta la lettera che pubblichiamo integralmente di seguito:

Preg.mo Presidente  On. Enrico Letta

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Palazzo Chigi- Piazza Colonna 00187 – Roma

Signor Presidente,

Le scrivo a nome dei panificatori del Friuli Venezia Giulia ma anche come fornaio da quattro generazioni, e soprattutto quale cittadino di questa Regione che vorrebbe vedere i propri figli continuare a vivere e lavorare serenamente nella città e nel territorio dove sono nati.

In questi giorni Lei incontrerà a Bled i suoi omologhi di Austria e Slovenia.

Ancora una volta, e immagino giustamente, i comunicati ufficiali di palazzo Chigi parlano di collaborazione, accordi trilaterali, cooperazione europea nel quadro della nostra appartenenza e del nostro ruolo nell’Unione Europea sempre concreto, costruttivo, essenziale e sicuramente di primo piano.

Come spesso  avviene, nonostante l’impellenza di affrontare tematiche più vicine agli italiani e particolarmente a quelli che vivono nelle regioni confinanti tra loro, sono i grandi temi di politica nazionale ed internazionale a catalizzare l’attenzione, e di questi si parla. Questa volta è la crisi siriana, certamente preoccupante ed importante per tutti.  Qualche mese fa fu la volta della lotta alla disoccupazione giovanile a livello europeo. Senza nulla togliere all’importanza di questi temi, questa volta Le sarei grato se volesse parlare anche di questioni forse meno eclatanti ma per noi, cittadini italiani di queste terre, altrettanto importanti e vitali.

Sarei più sollevato nel sapere, ad esempio, che nel preparare gli incontri di Bled gli uffici di Palazzo Chigi, Le hanno fatto presente la situazione drammatica, per meglio dire tragica, che l’economia del territorio italiano confinante con Slovenia e Austria sta vivendo: chè se il resto dell’Italia sta male, questo angolo del Paese spesso nostalgicamente ricordato come “caro al cuore degli italiani” sta morendo.

Prendiamo la provincia di Trieste: solo per parlare del mio lavoro, nel 2006 l’Associazione provinciale panificatori celebrava sessanta anni di vita. Allora nella provincia si contavano circa 120 panifici. Oggi parliamo di meno di cinquanta, e per la gran parte messi male, molto male. Solo negli ultimi tre anni il pane sloveno, a prezzi stracciati, ha invaso il mercato di Gorizia e Trieste con prezzi praticabili da chi, entrato con la fanfara in Europa, continua ad avere una fiscalità diversa, un costo del lavoro ridicolo, controlli tutti da verificare ma che impiega meno di un quarto d’ora per andare da Capodistria a Trieste e ancor meno da Nova Gorica a Gorizia, di fatto una città unica separata a suo tempo (ma oggi non è più così) dal confine.

Tutto così vicino che oggi sono già molte le rivendite di pane slovene aperte in territorio italiano. E pane a un euro è cosa di tutti i giorni magari davanti al tuo forno (come capita, ad esempio, anche al sottoscritto).

Ma non sono solo i panificatori a pagare questa situazione: lo stesso discorso vale per gli artigiani in generale: piastrellisti, muratori, serramentisti, falegnami, pittori, trasportatori e chi più ne ha più ne metta. Anche gli appalti pubblici di Trieste cosi come di altre parti della Regione spesso e per buona parte finiscono in mano slovena.

Le nostre città di  confine stanno diventando dormitori di pensionati  e le attività produttive chiudono ad una ad una. Nelle valli del Natisone sono decine le piccole imprese (molte del settore dolciario arrivate anche ad avere un certo nome e un certo mercato) ad avere chiuso. Le zone artigianali di Trieste e Gorizia, ma non solo, così come quelle industriali sono sempre più desolatamente deserte. Se mai Sig. Presidente Le capitasse di passare il confine a Sesana, a pochi chilometri da Trieste, troverebbe in Slovenia zone artigianali nuove, vivaci e moderne dove buona parte delle imprese sono Italiane attratte da condizioni complessive neppure paragonabili alle nostre.

Lo stesso, perlomeno in parte,  vale per l’Austria, che sta attirando sempre più imprenditori soprattutto dal Veneto per le favorevoli condizioni del contesto sia economico che amministrativo, dove la burocrazia si coniuga ancora con sviluppo economico e sociale e non con una specie di corsa ad ostacoli tra cavilli e divieti di cui i Borboni stessi, spesso forse anche a sproposito chiamati in causa, si sarebbero vergognati.

Solo qualche altro piccolo esempio: a Trieste quattro salumifici importanti su cinque con decine e decine di addetti, hanno chiuso per liquidazione o fallimento, e neppure il quinto, ultimo rimasto (che pure esporta gran parte della produzione) è messo bene. La Stock, marchio storico nazionale, se ne è andata definitivamente in Est-Europa. La Dreher, una delle prime aziende della birra italiana, da anni ha chiuso. Al loro posto ancora una volta centri commerciali che si litigano a colpi di offerte speciali i pochi clienti che non vanno a far spesa in Slovenia. Non c’è via nelle nostre città che non veda ogni giorno abbassarsi una serranda definitivamente.

Eppure, Signor Presidente, anche queste nostre terre sono il Suo Paese, anche noi siamo parte del popolo che Lei è stato chiamato a governare e tutelare. E, dunque, Presidente Letta, quando in questi giorni parlerà di rigassificatore, di occupazione giovanile, di Siria e di Europa ma soprattutto quando parlerà di accordi bi e trilaterali e cooperazione economica, si ricordi che questa parte del Suo Paese, forse piccola (ma non meno di Austria e Slovenia …) ma ancora italiana,  sta morendo in Europa e di Europa. E, per favore, provi a dare risposte concrete a un territorio che nell’Italia per anni ha creduto e che oggi non chiede favori ma soltanto il giusto rispetto ed attenzione che le sono dovuti.

Nel ringraziarLa dell’attenzione che vorrà prestare alla presente, Le invio cordiali saluti.

Edvino Jerian

(Unione Regionale Panificatori del Friuli Venezia Gulia)

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