Il Consiglio di Stato si pronuncia sul Regolamento per i ritardi di pagamento (art.62)

Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato

Che l’Articolo 62 del cosiddetto “Decreto Sviluppo” ( convertito nella Legge 27 del 24 marzo 2012, la cui entrata in vigore è stata fissata dal legislatore per il 24 ottobre) si possa  da considerare una semplice regolamentazione dei ritardi di pagamento può essere fuorviante e pericoloso soprattutto per quanta riguarda le sue modalità applicative.

Ai fini di una corretta comprensione di quali debbano considerarsi le motivazioni sostanziali che hanno portato all’emanazione dell’Art. 62 “Disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli ed alimentari”  e, quindi , di una sua corretta applicazione, si rivela estremamente utile il parere espresso dal Consiglio di Stato in data 8 ottobre in merito al regolamento emanato dal MiPAF (Ministero Politiche Agricole e Forestali) di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico.

Il Consiglio di Stato, infatti, ancor prima di esprimere un parere sul regolamento stesso, sottolinea come “lo scopo della nuova normativa è quello di garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare attraverso l’eliminazione di ingiustificato squilibrio contrattuale tra le parti” In altri termini, e ricordato come l’art. 62 non si occupi solo e soltanto di ritardi di pagamento ma soprattutto di pratiche commerciali sleali, ciò che si vuol far notare è che la norma interviene a difesa della parte contrattualmente più debole per evitare che una posizione dominante nei rapporti commerciali (ad esempio grande distribuzione – piccolo fornaio artigiano) porti alla fissazione di condizioni inique motivate soltanto da un rapporto di forza commerciale sbilanciato.

A conferma di questo importante principio il Consiglio di Stato (per brevità d’ora in avanti lo indicheremo con CdS) ritiene che potrebbe essere utile richiamare nelle premesse le disposizioni vigenti in materia di concorrenza ed in particolare le ipotesi di abuso di dipendenza economica. Non solo, ma al punto 8 il CdS consiglia al MInistero di esplicitare l’ambito di applicazione in modo più preciso relativamente alle relazione economiche tra gli operatori di una filiera.

E proprio a garantire ulteriormente il fatto che non possano sussistere condizioni unilaterali e parti contraenti non sufficientemente responsabilizzate (pensiamo al fornitore che non dichiara correttamente le condizioni di cessione dei propri prodotti, il CdS precisa che il contratto, (già obbligatoriamente previsto in forma scritta dal comma 2 dell’art. 3 del Regolamento), non può essere privo della sottoscrizione essendo la stessa “il presupposto necessario per collegare la manifestazione di volontà da parte di chi lo scrive” Uniche eccezioni a questa regola potrebbero essere rappresentate “dalla presenza di elementi certi ed idonei a dimostrare la provenienza del documento, quali la PEC o la firma elettronica digitale”.

Il CdS interviene anche sull’individuazione delle pratiche commerciali sleali, richiamando il fatto che la fattispecie indicata come “prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione dei prodotti “ dovrebbe essere meglio precisata considerando come vada messa in relazione con la libertà dei singoli operatori di fissare il prezzo di vendita indipendentemente dal costo sostenuto per la produzione. A tale proposito, continua il CdS,” potrebbe essere preferibile un rinvio al concetto di costo di produzione medio, come rilevato da fonti oggettive ed imparziali “ Sempre a tale proposito, il CdS si pone anche il problema come tale previsione , “anziché tuelare la concorrenza, possa determinare effetti discorsivi del mercato premiando irragionevolmente le imprese inefficienti che hanno elevati costi di produzione e penalizzando quelle virtuose che li avrebbero abbassato inutilmente “ penalizzando in definitiva il consumatore finale.  A questo proposito invece, a nostro, modesto avviso dovremmo richiamarci proprio a quanto detto all’inizio e cioè alla “ratio legis” sulla necessità di tutelare la parte contrattuale più debole qualora vi sia un evidente sbilanciamento di forze: potrebbe infatti essere relativamente semplice pretendere da parte, ad esempio, della GDO, che un fornitore ceda sottocosto uno o più dei suoi prodotti facendo leva sul rapporto commerciale complessivo e condizionando a tale cessione la continuazione del rapporto stesso.  Tale ipotesi viene in parte considerata dal  CdS ai punti 19 e 20 del parere dove prende in esame, ed in modo piuttosto critico, il fatto che la “illiceità di una pratica commerciale sleale dovrebbe derivare automaticamente dalla diffusione della pratica stessa…e non sarebbe necessario dimostrate che la parte abusi del proprio potere di mercato o negoziale per ottenere un vantaggio economico non giustificato e ingiustificatamente gravoso”  Secondo il CdS, in tal modo si  fa “gravare sull’operatore economico autore della pratica contestata l’onere di discolparsi”  che non ritiene si tratti di una previsione razionalmente giustificata e comunque di difficile applicazione pratica.

Al punto 22 il parere del CdS esamina l’articolo 5 del regolamento, relativo ai termini di pagamento e  alle modalità di fatturazione. Viene condivisa l’impostazione dello schema regolamentare, ed in particolare il collegamento dei termini di pagamento al momento di trasmissione della fattura.  Il parere però, al punto 23, sottolinea come sia “opportuno chiarire l’esatto significato della previsione” secondo la quale “in mancanza di certezza circa la data di ricevimento della fattura questa si assuma ricevuta nella stessa data di consegna dei prodotti (regolamento art. 5 comma 4)”.Secondo il CdS questa previsione potrebbe essere valida soltanto quale” presunzione semplice, che potrebbe essere superata dalla prova contraria

Dal punto 25 in poi il parere si occupa invece della disciplina relativa agli interessi di mora (art. 6 del Regolamento) rilevando come la norma non qualifichi precisamente come “moratori” gli interessi dovuti dopo il termine anche se “dal contesto complessivo ..è possibile evincere che il presupposto applicativo sia costituito dal ritardo… e dall’automatismo dell’obbligazione a pagare gli interessi, indipendentemente dalla costituzione in mora”  affinchè però insorga tale obbligazione il comma 1 introduce due condizioni: che a) “il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge”e b)” che il creditore non abbia ricevuto nei termini l’importo dovuto” Secondo il CdS, così come formulate, tali previsioni potrebbero configurare l’obbligo da parte del creditore di provare che la colpa sia del debitore. Il CdS invece fa notare come , “secondo le regole generali, spetta al debitore l’onere di provare l’esistenza di fatti che possano giustificare l’inesecuzione della prestazione” con ciò facendo automaticamente sorgere l’applicabilità degli interessi di mora salvo prova contraria fornita dal debitore stesso.

Nei punti successivi il CdS rileva come il Regolamento  risulti parzialmente scoordinato nel comma 3 dell’art. 6 Regolamento rispetto al comma 3 del’art. 62,: infatti, mentre il testo legislativo prevede l’automaticità della decorrenza degli interessi dal giorno successivo alla scadenza del termine con un saggio di interessi maggiorato di due punti ed inderogabile, il Regolamento parla di “tasso concordato tra imprese purchè non risulti iniquo per il creditore”. Il CdS fa notare come invece la norma (art.62) non lasci alcun spazio a tassi diversi seppure concordati trale imprese. Pertanto, sempre secondo ilCdS, il “saggio degli interessi” andrebbe determinato inderogabilmente sulla base del tasso di riferimento maggiorato di due punti”.

Il CdS ritiene anche che vada meglio chiarita la previsione secondo la quale (comma 5) “ è in ogni caso vietato trattenere l’intero importo di una fattura a fronte di contestazioni solo parziali relative alla fornitura oggetto della contestazione

Complessivamente, pur con le osservazioni che abbiamo richiamato Il Consiglio di Stato esprime parere favorevole al Regolamento anche rispetto alla data e alle modalità di entrata in vigore dello stesso.

Va infine osservato come le osservazioni del Consiglio di Stato non vanno interpretate come automatiche o obbligatorie modifiche del Regolamento in esame: spetterà invece al MiPAF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, recepire le indicazioni ed eventualmente decidere come adeguare il Regolamento stesso.

Pubblichiamo di seguito il parere del Consiglio di Stato.

Parere del Consiglio di Stato sul Regolamento art. 62

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