Come è noto, le trattative per il rinnovo del contratto si stanno trascinando da oltre un anno e mezzo senza aver raggiunto, al momento, alcun risultato tangibile se non l’indisponibilità assoluta da parte dei sindacati confederali di prendere in considerazione meccanismi e modelli contrattuali che possano efficacemente e realisticamente affrontare l’attuale difficile congiuntura.
Poichè riteniamo che le cose debbano essere documentate in modo corretto, riportiamo qui il comunicato congiunto emesso da FLAI-CGIL, FAi-CISL e UILA-UIL con il quale dichiarano gli scioperi programmati per il 20 e 21 ottobre. Pubblichiamo qui anche l’articolo di apertura di Arte Bianca, organo ufficiale della Federazione Italiana Panificatori che, in attesa di una risposta ufficiale federale, ben interpreta il pensiero dei panificatori italiani a tale proposito.
Il modello attuale di rinnovo, testardamente difeso dai sindacati e sostanzialmente identico da 50 anni a questa parte, è come sempre un’elencazione di richieste normative (sulle quali peraltro la federazione ha fin dall’inizio dato disponibilità a discutere e a trovare soluzioni condivise) che non fanno altro che fare da condimento alle richieste economiche quantificate in 106 euro mensili. La tragedia è che fino a circa dieci anni fa queste richieste economiche erano motivate in quanto si basavano sulle stime dell’inflazione programmata dai documenti di programmazione finaziaria del governo, salvo nel rinnovo successivoi tenere conto degli scostamenti e conguagliarne le differenze. Successivamente, e con una sforzo di fantasia tutta italica, si è passati all’inflazione percepita, valore che nessuno ha saputo bene come tecnicamente calcolare. Oggi siamo arrivati finalmente alla richiesta economica pura e semplice priva di qualunque motivazione o spiegazione di come sia stata calcolata o definita. Alla richiesta di spiegare come si era determinato l’importo di 106 euro la risposta è stata che, ” in fondo, non stiamo chiedendo grandi cose”.
Da notare che nel periodo di vigenza del contratto, per effetto della c risi economica, l’inflazione non solo è rimasta ferma ma in alcuni periodi è anche diminuita. pertanto gli aumenti già pagati e riconosciuti coprono abbondantemente il valore inflattivo.
Nonostante queste considerazioni, la federazione si è comunque dichiarata ripetutamente disponibile a discutere sia delle richieste normative che anche di possibili aumenti economici che fossero però concretamernte motivati.
Per fare questo ha proposto un nuovo modello di calcolo che fosse basato in percentuali da definire sull’andamento dell’economia nazionale, su quello del territorio provinciale, sui risultati economici della singola impresa ed infine sulla performace del dipendente. In altri termini, una parte dell’incremento salariale dovrebbe tenere conto dell’andamento generale dell’economia (vedi il già utilizzato parametro di andamento dell’inflazione), una parte del prodotto interno lordo provinciale ( a Reggio Calabria il PIL è circa il 50 % di quello di Bolzano e prezzi al consumo, costo della vita, prezzi del pane seguono ovviamente lo stesso andamento) , un’ulteriore parte dovrebbe riguardare l’andamento della singola impresa che oggi è perfettamente desumibile dai dati degli studi di settore ed infine una parte potrebbe valorizzare adeguatamente l’impegno di ogni singolo addetto distinguendolo rispetto a quello che si limita a fare il minimo indispensabile per tirare la paga.
D’altra parte, se proprio la pubblica amministrazione si pone continuamente il probema di valorizzare adeguatamente l’impegno dei lavoratori e tenerli distinti dai cosiddetti fannulloni ( termine forse eccessivo ma efficace…) perchè lo stesso discorso non dovrebbe valere per l’impresa privata?
Ecco, la chiusura totale, il rifiuto anche solo di discutere su queste proposte da parte delle organizzazioni confederali, la pretesa assoluta di discutere solo e soltanto sulla base stantia e superata da mercato delle vacche ( ti chiedo 106 ma poi mi accontento anche di meno purchè me li dai) lo dice lunga sull’apertura mentale, sulla comprensione di come il mondo sia totalmente cambiato in questi pochi anni.
La stessa dignità contrattuale non può che trovare rispondenza nel confronto e non nei niet confederali o nelle parole d’ordine che appartengono a periodi storici oramai del tutto superati. Sembra paradossale pensare che le imprese si trovano ad affrontare rivoluzioni di mercato ed industriali travolgenti e il sindacato, che pure alle aziende deve necessariamente guardare non come antagoniste ma come fonte di lavoro ed occupazione, si nasconde dietro riti che il mondo oramai ha dati per morti e sepolti. E non vi è dubbio che uno di questi riti sia proprio lo ” stato di agitazione” la proclamazione di “giornate di sciopero” l’evocazione di termini che suonerebbero ridicoli e superati come “gabbie salariali” o affamatori dei lavoratori. Ad affermazioni come queste si risponde semplicemente mostrando le buste paga che, almeno per questo comparto, sono certamente migliori anche di alcuni laureati che vengono impiegati in altri comparti per molto meno.
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